LIBERATION KEY
Testo e foto: © Antonella Di Girolamo
LIBERATION KEY
«HO I PIDOCCHI !!»
Elena ha l’asciugamano sulle spalle e i capelli bagnati.
«ah sì? E come va?» le chiede Tilia incontrandola sulla soglia di casa mentre passa per il ballatoio.
«Bene!!» risponde con aria sorniona e soddisfatta, rivolgendole lo sguardo senza muovere la testa e cambiando voce come se fosse salita di 2 ottave sopra.
Voce d’infanzia contenta mentre la madre sorride alzando il sopracciglio allenato «ci risiamo».
L’asciugamano è quello di fiandra di lino operato, con sei file di nodi e le frange lunghe e morbide, morbidezza un po’ confusionata dai lavaggi, è tessuto a telaio con la trama pronta a riceve le ricamature accurate dei corredi nunziali e adesso usato per eventi speciali.
Il pettinino nero, lo speciale Hercules 372 con i denti sottilissimi da entrambi i lati, scorre manovrato con pazienza e calma, scivola sui capelli dalla radice all’estremità delle punte, con movimenti lenti, carezzando la testa, preziosa per condivisioni scolastiche di pensieri e parassiti.
Elena è seduta composta, i suoi capelli dritti come gli spaghetti crudi non mostrano nemmeno lontanamente l’onda di una vaga cottura al dente, gli occhi azzurri, pieni di mare pescoso, brillano soddisfatti, mentre la madre è a caccia di lendini, bianche e trasparenti, non ancora schiuse.
Il naso annusa curioso l’aroma dello shampoo medicalizzato.
I denti, con gli incisivi leggermente condizionati nella forma dall’uso del ciuccio, si mostrano nei frequenti sorrisi.
Elena, 5 anni, con le ginocchia sbucciate per tutto il tempo delle calze corte, saltella, corre e piroetta, ma adesso è quieta sotto le carezze della madre.
Ogni movimento ha il suo luogo e ogni velocità ha il suo tempo.
Ogni carezza ha le sue ragioni.
«Dove vai? – Elena curiosa – posso venire a casa tua?»
«adesso vado al lavoro ma tornerò nel pomeriggio»
«Allora dopo vengo a casa tua, dopo»
«Va bene, a più tardi»
Quarantena. Déjà vu.
Risaputi bisogni gridano dai piccoli appartamenti e, su due piedi, nel cortile si disegna il gioco della campana, ritorno ad anni lontani.
La portiera, terrore dei piccoli e timore dei grandi, lascia correre, anzi ha spostato i secchioni per la raccolta differenziata della spazzatura nella parte più periferica del cortile.
Quarantena vince su regolamenti.
Elena lancia il sasso e conta «uno – saltando nelle caselle su un solo piede – due e tre» arrivata alla doppia casella del 4 e del 5, si pianta bene su entrambi i piedi e osserva un inquilino sopraggiungere.
«ciao Lorenzo sto giocando a campana, è disegnata con i miei gessetti, tu che fai?»
«Butto la spazzatura» bofonchia mentre con piccole buste si appresta al suo rito settimanale, a volte anche mensile. Un uomo solo produce pochi rifiuti.
«sei sette otto nove…» continua Elena, senza perdere d’occhio gli accadimenti intorno a lei, e, contenta della riuscita del suo percorso senza incertezze, atterra sulla semiluna e grida vittoriosa «eccomi! sono arrivata al 10, sai Lorenzo, so contare e presto andrò in prima elementare!»
«ah bene» borbotta lui mentre concentrato butta i rifiuti con la sua solita procedura. Controllare l’etichetta sul secchione, controllare il contenuto della busta, gettare la busta nel secchione controllando che destinazione e destinatario coincidano. Questo per tre volte, carta e plastica e indifferenziata.
Le campane del vetro sono in strada.
Elena vede che la camicia di Lorenzo è distrattamente abbottonata, poco male succede anche a lei.
«sai ho imparato ad allacciarmi le scarpe»
Lui nota che i lacci sono di colore diverso, rosso e azzurro, e le orecchie del fiocco sono irregolari, poco male succede anche a lui.
«Bra va!» scandendo le sillabe e rivolgendole lo sguardo.
Quarantena vince su simmetria.
Lorenzo vive al settimo piano.
Lorenzo vive da solo al settimo piano e non prende mail l’ascensore.
Lorenzo vive da solo al settimo piano e non prende mail l’ascensore e incontrandolo sulle scale lo si sente parlare tra sé e sé. E con chi sennò?
Elena aveva sentito dire dagli adulti che Lorenzo è un po’ strano.
Elena, lo guarda dritto negli occhi e sottovoce prosegue: «Felix è venuto a trovarmi e parla solo con me anche tu hai un amico solo tuo?» scrutando intorno per evitare che qualcuno possa sentirla.
Lorenzo si ferma. Si assicura che la Gazzetta dello Sport sia rimasta salda sotto l’ascella.
«anche il mio amico viene a trovarmi tutti i giorni, tutti i giorni»
Elena è rassicurata.
«Felix non ha paura e tra poco i coronavirus andranno via e potrò tornare a scuola e al parco, il tuo amico ha paura?»
«anche il mio amico non ha paura, non ha paura”
«Come si chiama il tuo amico? ”
«mmmm…si chiama Parsifal”
«e che fa?»
«Viaggia per il mondo ma adesso è a casa con me per un po’ di tempo»
«Perché c’è il coronavirus?»
«Parifal rimane con me perché si diverte parliamo di tante cose e qualche volta mi abbraccia forte forte»
«Anche Felix mi abbraccia forte qualche volta va via ma poi torna»
«Anche il mio amico Parsifal ogni tanto viaggia per incontrare belle persone e quando torna mi racconta belle storie»
«Mi racconti qualche storia?»
Lorenzo le sorride sotto la mascherina ma, cercando certezze, indietreggia di cinque passi si abbassa la mascherina per mostrare il suo sorriso facendo loro l’occhiolino.
«Faccio un salto comprare il pane e quando torno mi fermo ancora»
Elena e Felix salutano.
Dopo un po’ Lorenzo e Parsifal tornano con ovetti di cioccolato.
Quarantena vince su Quaresima
La falcata è estesa e i movimenti accelerati. Tilia, trafelata entra nel cortile.
Meglio salutarla senza sostare.
Chi la conosce lo sa.
Gli occhi dall’espressione arcigna tradiscono elettricità pronta a scatenarsi in fulmini e saette.
«ciao Elena buonasera signor Lorenzo» camuffamento vocale, stridulo come unghie su lavagna d’ardesia.
In braccio una scatola Amazon e scartoffie e cartelline, il casco appeso all’avambraccio, come borsetta delle signoreperbene, alla spalla la sporta della spesa, rigorosamente Eco, con lo stretto necessario a nutrire il frigo.
Zang Tumb Clunk Tumb Boing Tumb Kaboom
Elena Ride. Lorenzo Impassibile.
Tutto è a terra.
«non è giornata non è giornata»
Ipersalivazione acida.
Tilia mimetizza le parole con mugolii impercettibili, ma Zefiro irrefrenabile ormai ha scoperchiato la cloaca «Ma vaffanculo e che cazzo giornata di merda merdosa giornata del cazzo!» e mentre abbassa il volume a tutela degli accidentali spettatori, si scioglie in verbosi e vorticosi palcoscenici portuali. Noioso etichettamento per i camalli, nel pianeta dei luoghi comuni.
China, raccoglie le macerie, quando incontra con gli occhi la cassetta postale e intuisce che quel qualcosa che spunta non sono le solite pubblicità. Sbuffando con diaframmatiche respirazioni, rovista nella borsa, stracolma di tuttonulla come le fosse comuni, e resuscitata la chiavetta, la infila nella serratura. Non scatta. Da troppo tempo è inutilizzata, la polvere ne ha incastrato l’ingranaggio.
Con movimento ondulatorio e sussultorio insiste, ruota la chiave che, terremotata, si spezza.
«PURE QUESTO!! MA VAFF…» si guarda intorno «ma vaffanculo e che cazzo giornata di merda merdosa giornata del cazzo cazzo!»
Gli occhi medusei osservano l’oggetto ormai prigioniero in cassetta.
È una lettera, abbastanza voluminosa con l’indirizzo del destinatario scritto al computer. Non si vede il mittente ne il francobollo.
«Vabbè ci penserò domani Rossella docet ciao Elena, buonasera signor Lorenzo» con voce rassegnata prende le scale.
Anche lei come Lorenzo da qualche mese non prende l’ascensore.
Ma già al diciassettesimo gradino, la calma simulata evapora e i pensieri le tornano alla lettera in cassetta.
– non è una multa ormai mi arrivano sulla PEC se fosse una raccomandata la portiera mi avrebbe fermato ma chi scrive lettere nel 2021 che fanno perdere tempo a chi le scrive e a chi le riceve ma perché non usano le mail domani dovrò rivolvere pure questa questione–
– domani –
Domani.
– mascherina – guanti usa e getta – occhiali – pinze – lubrificante – ago – pezza –
Tutto è pronto per l’operazione «Liberation Key»
Tilia si avvicina alle cassette postali decisa ad adoperarsi per la liberazione della lettera, prigioniera della chiave spezzata, prigioniera a sua volta della serratura.
La sua cassetta postale è nella fila superiore e dovrebbe lavorare con le braccia protese verso l’alto, ma per agire più comodamente chiede in prestito una sedia alla portiera in guardiola.
«Per fare cosa?»
«Devo salirci sopra per togliere la chiave spezzata » indicando le cassette postali.
Il solito grugnito accompagnato dallo strizzolio degli occhi e dal movimento della testa annuente è riconosciuto e tradotto.
– puoi prenderla ma NON sporcarla con le scarpe –
«grazie»
Tilia appoggia sulla seduta della sedia uno dei tanti volantini pubblicitari che sbucano dalle cassette, anche da quelle che hanno gli avvertimenti scritti in maiuscolo bold NO PUBBLICITÀ, ci sale sopra e comincia a maneggiare con la serratura.
– devo solo togliere il pezzetto rimasto dentro per fortuna ho una seconda chiave –
Tilia è donna previdente.
Ha le seconde chiavi di ogni ingranaggio.
– non si sa mai meglio una chiave in più che dover chiamare il fabbro –
Con questa convinzione, negli anni, ha riempito barattoli di chiavi, conservando anche quelle di portoni sostituiti o di automobili rottamate.
L’eredità materna l’aveva abitudinata anche a fare le fotocopie dei documenti «girovaghi».
Non si sa mai.
Non raramente aveva stupito i carabinieri quando, per la denuncia di smarrimento o furto, si presentava con la sua cartellina di fotocopie del passaporto, della carta d’identità, della tessera dell’ordine, del libretto della macchina, del libretto del motorino. Per i documenti stanziali, ovvero quelli che non uscivano da casa ma stazionavano nei cassetti, non faceva fotocopie.
L’operazione «Liberation Key» procede, prima qualche goccia di lubrificante, mentre con una pezza ne impedisce la colatura sulle cassette sottostanti. Le impercettibili movenze delle mani la mostrano immobile agli occhi della portiera, che con le mani chiuse a pugno sui fianchi e i gomiti a 45°, piantona il territorio e supervisiona i condomini.
Poi, con pazienza e con un ago sottile, cerca di far venir fuori il pezzo di chiave incastrato.
I movimenti sono lievi, come quando si toglie una scheggia dalla mano di un bambino, con l’ago si spinge, si scava, si gratta affinché spunta la testa di scheggia.
– ok CALMA! se qualcuno ha scritto una lettera e si è regalato calma e lentezza vorrà dire che calma e lentezza me la regalo anch’io –
Eccoli anche quei pochi millimetri di chiave sono fuori. Ma la pinza non riesce ad agganciare.
Si ferma. Scende dalla sedia. La portiera è sempre lì.
« devo andare a prendere una cosa a casa torno subito non tolga la sedia »
Solito grugnito, solito strizzolio degli occhi e solito movimento annuente della testa, ma diversa traduzione.
– sbrighiamoci e non lasciamo in giro la sedia –
«grazie»
Tilia torna con le pinzette per sopracciglia.
Aggancia il mozzicone di chiave. Lo tira. Lo sfila.
Soddisfatta. Con il duplicato della chiave apre la cassetta. Vittoria!
– mi devo ricordare di fare una copia della chiave subito –
La busta arriva dalla Francia.
«HAI FINITO CON LA SEDIA?» ringhia la portiera
«Ah sì sì mi scusi ecco la rimetto a posto»
Tilia la riposiziona nella reggia del regno incontrastato della portiera. La guardiola in cortile.
Tra le mani la lettera liberata.
– Bel francobollo! ha il disegno di una Peugeot rossa 204 cabriolet – mmm…voglia di partire
mi ricordo quel viaggio con la mia amica che aveva proprio quella macchina meraviglioso viaggio come Telma e Louise ma con Happy End –
La curiosità è tanta.
– Mannaggia il testo è in francese non capisco un tubo però in fondo il francese e l’italiano sono lingue neolatine magari se leggo capisco il senso generale.
Si siede sulla panchina nel cortile.
«ciao Tilia!!» squilli di trombe
«ciao Elena oggi niente scuola? »
«Oggi no, oggi sto con mamma. » e rivolgendosi con tono strategicamente compassionevoli alla madre «posso rimanere qui? »
«Elena chiedi a Tilia se puoi restare»
Gli occhi sgranati, teatrali e accorati come nei film muti, guardano Tilia e bramano risposta.
«Certo Elena che puoi restare, stavo provando a leggere una lettera in una lingua che non conosco. Dovrò scoprire cosa c’è scritto»
Ci sono dei verbi che scatenano reazioni più veloci di quella del cane di Pavlov
Scoprire = tesoro
E le libere associazioni diventano valanga
Scoprire = tesoro = avventura = fantasia = viaggiare
«che bel francobollo!»
La Peugeot rossa 204 cabriolet era venuta a prenderle.
«Signora sono la portiera c’è un corriere con un pacco deve scendere a firmare»
«arrivo subito»
Tilia appena vede il pacco ha un malcelato sussulto
– mmmh 20 chili…dovrò farmi prestare un carrellino dai vicini –
Questo pensiero, smascherato dal corriere, fa breccia nella velocità accellerata del giovane, che intuisce le ragioni dell’esitazione di Tilia.
«signora glielo porto fino in ascensore? Anzi se vuole fino davanti la porta di casa»
Corriere gentile.
«ma non va di fretta?»
«cosa sono pochi minuti davanti all’infinito?»
Corriere filosofo.
Nel pacco ci sono diversi contenitori.
E un breve biglietto:
Tilia comincia a guardare.
Insiemi e sottoinsiemi di memoria e testimonianza.
Scatole di diapositive. Negativi in bianconero nei fogli di cartavelina. Hard disk.
Tilia comincerà a viaggiare.
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